AIUCD 2020, Milan
by Amanda Murphy, Felicita Mornata, Raffaella Zardoni
L’intervento presentato al IX Convegno dell’Associazione per l’Informatica Umanistica e la Cultura Digitale – 15-17 gennaio, Milano, Università Cattolica del Sacro Cuore – è un aggiornamento circa le indagini con metodi statistici del catalogo di Veronica Route, il progetto era stato introdotto al Leeds International Medieval Congress nel 2017.
Despite the almost infinite number of existing copies, the exact appearance of the medieval veronica– the sudarium kept in Rome imprinted with the face of Christ – is not known. This paper illustrates an attempt to find the ‘true icon’, creating a sort of identikit by means of the statistical processing of 4500 works, with analysis of the concentration of the copies and their characteristics, together with multivariate analysis tools.
Presentazione A. Murphy, F. Mornata, 17 gennaio 2020, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano
Sommario Nonostante le infinite copie esistenti non è noto quale fosse l’aspetto della veronica medievale, il sudario con impresso il volto di Cristo conservato a Roma. Il documento dimostra il tentativo di ritrovare la “vera icona” creando una sorta di identikit attraverso un’elaborazione statistica di 4500 opere con analisi della concentrazione delle copie e delle loro caratteristiche, unitamente a strumenti di analisi multivariata.

Soggetto dello studio è la veronica, la reliquia medievale conservata in San Pietro, il sudario che santa Veronica offrì a Cristo sulla via del Calvario e sul quale rimase impresso il volto.
Tra il 1200 e il 1500 la documentazione sulla reliquia è eccezionale, eppure, nonostante le descrizioni dei pellegrini che giungevano a Roma per vederla (tra i quali Dante e Petrarca) e le migliaia di opere pervenutaci non ci è noto il suo aspetto: alcune di esse mostrano infatti il volto di Cristo luminoso e trasfigurato, altre sofferente, con o senza la corona di spine, e altre ancora scuro, gli occhi possono essere aperti o chiusi.
Obiettivo del nostro progetto è dunque quello di identificare l’originale veronica medievale attraverso l’elaborazione statistica delle oltre 4500 opere catalogate.
Il primo studio sistematico sulla reliquia romana è stato quello di Karl Pearson – uno statistico inglese – del 1887. Pearson ha confrontato i testi letterari e liturgici medievali dei diversi Paesi europei sulla Veronica e ordinato cronologicamente le immagini rilevando le principali questioni aperte e cercando di identificare le cause delle soluzioni di continuità tra le sue rappresentazioni, ad esempio ha ipotizzato una sostituzione dell’originale. La sua ricerca, ampiamente citata da Ernst von Dobschütz, è stata continuata da studiosi di diverse discipline (letterari, storici, storici dell’arte, teologi) in particolare si è visto un risveglio di interesse attorno all’anno 2000, ma circa l’aspetto dell’originale veronica medievale non si è giunti ad alcuna certezza.

Veronica Route, iniziata nel 2010, si inserisce sulla scia di questa ricerca. Si tratta di un database online delle citazioni artistiche e letterarie della reliquia. Le opere censite – che chiamiamo “veroniche” – sono classificate tramite un set di decine di attributi. Il lavoro di classificazione è stato realizzato manualmente con un approccio metodologico tradizionale. Il patrimonio accumulato è stato reso interrogabile per le caratteristiche iconografiche e le dimensioni di tempo e spazio con una apposita visualizzazione dei risultati che consente la manipolazione delle mappe.
L’intento è quello di offrire una banca dati interdisciplinare che, interrogata, possa formulare risposte alle domande sulla veronica emerse e aprire a nuovi percorsi di ricerca sulla misteriosa reliquia.
Karl Pearson presentando il suo studio scriveva: “La nostra intenzione non è tanto quella di citare tutte le immagini di Cristo disponibili che hanno una relazione con la veronica romana, ma piuttosto riunire un numero di immagini tale che il paragone fra le loro molteplici trattazioni ci metta in grado di trarre certe conclusioni sulle varianti della reliquia”. Veronica Route – che ha lo stesso obiettivo – lavora sulla modalità di effettuare il paragone tra copie utilizzando un approccio computazionale, il quale richiede un numero di immagini di un ordine di grandezza superiore (4500 vs 150). Veronica Route presenta più di 4500 opere, un numero significativo – soprattutto per la sezione medievale – anche se non esaustivo. Le domande che ci poniamo sono innanzitutto: le origini delle varianti del soggetto iconografico; la loro diffusione in senso geografico; le caratteristiche della prima reliquia romana.
Entrando nel merito dell’analisi dei dati del database mostriamo in questa presentazione alcuni esempi in cui il dato numerico, il dato informativo, diventa informazione, cioè è in grado di aiutare lo storico, lo storico dell’arte, o chi si occupa di questo argomento, ad avvalorare oppure a discutere determinate ipotesi di studio. Il nostro database è arricchito da attributi che lo qualificano che sono un punto di partenza per descrivere questo patrimonio informativo, non solo nella specificità della singola opera ma anche, come vedremo più avanti, nell’aggregazione per creare gruppi fra opere simili per certe caratteristiche. Presentiamo tre esempi di analisi, per calarci un po’ nella materia, anche se in maniera semplificata.
L’indice di trasversalità

Ogni variabile è una caratteristica che indica ad esempio se una Veronica ha gli occhi aperti, ha la corona, è sofferente, ed altro. Le frequenze di queste caratteristiche non si possono confrontare fra di loro, bisogna quindi relativizzarle attraverso la costruzione di un indice. Noi abbiamo utilizzato l’indice di trasversalità di una caratteristica nel tempo. La formula può essere facilmente compresa tramite un esempio di applicazione. Gli elementi importanti di questo indice sono la caratteristica, rappresentata da K, ad esempio gli “occhi aperti”, e il secolo, cioè la datazione della Veronica (abbiamo raccolto Veroniche dal 1200 fino al nostro secolo). L’indice di trasversalità altro non è che il rapporto tra il numero di Veroniche con quella caratteristica in quello specifico secolo rispetto a quanto quella caratteristica è penetrata su tutto il database.

Vediamo ad esempio che nel caso degli “occhi aperti” nel 1500 otteniamo un valore di 0,95. Tale esercizio non è puramente accademico, ma serve per facilitare il confronto della trasversalità, del trend nel tempo di questi indici. Il grafico mette in luce molto chiaramente che le due caratteristiche “occhi aperti” e “barba divisa” sono sempre abbinate nei secoli, per cui i due trend sono molto vicini. E altrettanto chiaramente emerge la comparsa degli “occhi chiusi” solo dopo il 1700.
L’analisi multivariata
La parte più interessante dell’analisi è stata quella, viste anche le numeriche interessanti del database, di correlare, in un’analisi multivariata, queste caratteristiche tra di loro. Abbiamo fatto degli esempi di utilizzo della metodologia della cluster analysis (metodologia molto conosciuta e molto usata in tantissimi settori). Ciò che noi abbiamo applicato è la k-means, una metodologia che consente di identificare, fissando a priori il numero di gruppi, la suddivisione all’interno dell’insieme di osservazione (in questo caso di Veroniche) i gruppi con la regola che gli elementi dello stesso gruppo siano molto simili tra loro e molto dissimili con quelli degli altri gruppi.

E’ necessario entrare un po’ nel merito dell’aspetto metodologico per capire l’origine dei risultati, quello che sarà poi più interessante sarà la loro l’interpretazione.
Nel primo grafico abbiamo il punto di partenza rappresentato sul piano bidimensionale (per rendere più visivo il processo usiamo due dimensioni, ma nel nostro caso le dimensioni sono il numero di caratteristiche che corredano ogni Veronica). Fissato K=3, si scelgono tre punti a caso che diventano i “semi” di questi cluster. Intorno a questi punti si aggregano (si vede nel secondo grafico dove sono colorati diversamente) tutte le Veroniche che gravitano su questi semi. La gravitazione è un concetto tradotto in termini di distanza euclidea.

Fatto ciò si rivede la definizione del centro del cluster, che era stato scelto in modo casuale, riposizionandolo nel centroide di ciascun cluster (nella figura le crocette colorate). Si ha dunque un riposizionamento, con un processo iterativo, che termina quando non c’è più la possibilità di “cambiare colore” a nessuna di queste Veroniche: ciascuna gravita su un seme ben preciso, e si tracciano i confini di questi cluster. Qui abbiamo dunque trattato il caso di tre cluster in due dimensioni. L’output che si va poi ad indagare in questa analisi è l’attribuzione di ciascuna Veronica a un cluster e la possibilità di analizzare le distanze dalle caratteristiche dai centroidi di questi gruppi che si sono costituiti. L’analisi viene fatta partendo dalla matrice dei centroidi finali. In questo modo i tre gruppi possono essere definiti
Il 1300

Nella slide sono evidenziate in giallo le caratteristiche presenti in maniera predominante nei tre cluster e in verde quelle assenti.
La griglia sulla destra dà la possibilità di sintetizzare quali siano le caratteristiche predominanti dei cluster che denominati nel processo automatico cluster 1, cluster 2, cluster 3 ora assumono un contenuto con l’interpretazione dei dati. Considerando le Veroniche del XIV secolo vediamo che tutte le opere sono caratterizzate da un volto di Cristo sereno e trasfigurato, senza segni di sofferenze. Le differenze tra i cluster risiedono nei soggetti che ostendono il velo: nel cluster 1 abbiamo il solo sudario, il secondo cluster aggrega il velo mostrato da santa Veronica mentre nel cluster 3 il velo è sostenuto dagli angeli.
Le coordinate spaziali
Un aspetto interessante è l’aver pensato di strutturare, all’interno del corredo informativo di ciascuna Veronica, la conoscenza del posizionamento geografico. Questo è importante perché l’accesso alla cartografia oggi, come vediamo in tante applicazioni, consente di vedere un punto posizionato nello spazio. Questo consente di stabilire una relazione di distanza tra i punti, di poter costruire dei bacini gravitazionali intorno ai punti di radiazione di un certo tipo di Veroniche piuttosto che seguire, per esempio, le strade dei pellegrini che da Roma portavano le insegne di pellegrinaggio, o, ancora, identificare le tracce di una specifica variante della reliquia lungo determinate vie.
Questa analisi è molto utile, visivamente soprattutto, perché prendendo in input i gruppi di veroniche esito della cluster analisys, possiamo immediatamente vedere dove si posizionano nello spazio. La colorazione dei segnaposto delle veroniche in base al cluster di appartenenza mette in evidenza la loro diffusione geografica

Geograficamente il cluster 1 è omogeneamente distribuito in Europa con una predominanza verso l’est, il cluster 2 è predominante in Francia, dove santa Veronica con la Maddalena è considerata evangelizzatrice della regione e dove, lungo la via del pellegrinaggio a Compostela, era venerata la sua tomba. È leggibile la linea che scende dall’Inghilterra (è di un autore inglese la più antica testimonianza letteraria del “miracolo” che fu all’origine della fama europea della veronica) ed è particolarmente presente in Svizzera e Lombardia, dove dal XII secolo esistono due chiese dedicate a santa Veronica e in una di esse è presente la prima rappresentazione della santa. Il cluster 3 è invece spostato nell’Europa centrale e orientale.
Dal 1400 ovunque la Chiesa Romana arrivasse la Veronica arrivava con lei.
Il 1400
Il 1400 è il secolo della massima fortuna della reliquia romana, in Veronica Route abbiamo censite 1122 opere rispetto alle 264 del 1300. Nella seconda metà del secolo compaiono le prime opere caratterizzate dai segni di sofferenza e dalle gocce di sangue e il soggetto iconografico della Salita al Calvario. L’impressione del velo, infatti, secondo la più antica versione della leggenda, non era avvenuto durante la Passione di Cristo ma nei giorni della sua vita pubblica.

L’analisi delle 709 opere con tag veronica romana ha portato all’identificazione di 4 cluster. Il cluster 1 (234) aggrega veroniche col volto di Cristo trasfigurato, il cluster 2 (139) la figura di santa Veronica; il cluster 3 (166) aggrega i nuovi tag legati alla Passione e il cluster 4 (170) aggrega il soggetto iconografico del solo sudario.
La distribuzione delle opere vede dominare la figura di S.Veronica col volto di Cristo trasfigurato in Francia e nelle Fiandre (in quanto Patrona del lino e dei mercanti di stoffa la fortuna della santa nei Paesi Bassi non verrà mai meno). Le prime veroniche caratterizzate dai tratti di sofferenza sono diffuse abbastanza omogeneamente in Europa con una leggera prevalenza in Germania. In Inghilterra abbiamo una prevalenza del cluster 4 col solo sudario.
Il 1500

Nel 1500 abbiamo 1075 opere. L’analisi a 4 cluster delle 948 opere (compreso il tag veronica romana ed escludendo solo i tag badge e testo) ha evidenziato:
- per il cluster 1 il solo sudario (165 veroniche), che comprende le veroniche caratterizzate dal volto scuro e dal cut out; lo troviamo presente soprattutto nei paesi dell’Europa centrale ed orientale;
- cluster 2 santa Veronica (295 v.), sempre dominante in Francia e nei paesi del nord;
- per il cluster 3 i tratti di sofferenza (281) una caratteristica che diventa dominante in Italia;
- e, nel cluster 4 (207 veroniche), sono aggregate la salita al calvario e il velo girato/bianco.

Quest’ultima caratteristica, in cui non è più visibile il volto di Cristo impresso sul panno, sembra spostare l’accento dalla reliquia conservata a Roma al gesto pietoso della donna. In effetti, diversi eventi nel corso del XVI secolo hanno causato una profonda soluzione di continuità nella fortuna della veronica romana: la nuova basilica di San Pietro voluta da Giulio II, la Riforma Protestante e il sacco di Roma del 1527. Sono molti gli storici che addebitano al Sacco di Roma la perdita della reliquia mai ufficialmente ammessa dalla Chiesa.
L’aspetto della Veronica medievale, una validazione
Alla misteriosa reliquia romana abbiamo dedicato l’ultima indagine (l’opera anche se è tuttora custodita in San Pietro non è mai stata oggetto di studi e non ne esistono riproduzioni fotografiche, chi ha potuto vederla racconta di una tela sbiadita con indistinte macchie).
L’esame è stato circoscritto alle copie con il tag reliquia romana, che viene attribuito quando le fonti storiche dell’opera hanno riferimenti diretti alla reliquia romana (ad esempio le donazioni papali).

L’intento di questa analisi era quello di definire le affinità tra questa tipologia di Veronica e le caratteristiche che corredano le Veroniche e nel database. Questo è stato possibile attraverso l’indice di concentrazione che ci dice quanto una certa caratteristica di un insieme si “concentra” dentro questo insieme. È rappresentato nella colonna in verde della tabella. Ciò che è stato fatto è ricalcolare per ogni caratteristica questo indice e il posizionamento per valori decrescenti delle caratteristiche rispetto alla misura data dall’indice ci permette di definire l’affinità di cui parlavamo prima e che è rappresentata nel grafico. Delle 1.081 veroniche in esame, relative al secolo 1400 e precedenti, con esclusione di TESTI e BADGE, la concentrazione media della Reliquia Romana è 3,4%, corrispondente all’indice di concentrazione 100.

Alcune caratteristiche si concentrano oltre il 200% (cut out, volto scuro, nimbo crociato), mentre altre sono quasi inesistenti o mai presenti (sofferente, bocca aperta/denti visibili, …).

Cut out e volto scuro sono gli stessi attributi che caratterizzano il Mandylion del Vaticano (a sinistra), opera di incerta datazione da più studiosi identificata come l’originale veronica che per ignoti motivi sarebbe poi stata sostituita. L’identificazione del Mandylion del Vaticano con la Veronica medievale non sarebbe quindi contraddetta dai nostri dati, tuttavia lo scarso numero di opere con i tag cut out e volto scuro rispetto al totale del db (5 nel 1200, 3 nel 1300, 53 nel 1400) e la loro tardiva diffusione suggeriscono la necessità di ulteriori ricerche.

La domanda sull’aspetto della veronica rimane aperta e Veronica Route intende continuare le indagini, innanzitutto sulle origini della reliquia trecentesca; un’altra strada che vorremmo intraprendere è frammentare gli archi temporali per renderli più aderenti agli eventi storici (papati, Anni Santi) al fine di indagare con miglior precisione le origini e le evoluzioni delle varianti della reliquia; da ultimo vorremmo approfondire l’origine di quelle caratteristiche iconografiche che, pur non derivando dalla reliquia romana, hanno tuttavia incontrato grande fortuna.